Un'ultima partita con Francesco Quando una persona cara viene a mancare, spesso restano dei vuoti che sentiamo il bisogno di riempire. Avrei voluto giocare ancora una partita con Francesco Marconi, ma tanto so che neanche una sarebbe bastata.
Mi sono svegliato da poco, ma non è troppo presto. Mia moglie ha portato i bambini a scuola e sono solo, come mi capita spesso in mezzo alla settimana. Accendo il PC per lavorare in smart working, poi vado in cucina e mi preparo un caffè mentre do una sistemata ai giocattoli che Damiano, mio figlio più piccolo, ha sparso per la sala nei dieci minuti prima di uscire.
Accendo anche la TV per sentire le ultime notizie del telegiornale e finalmente mi siedo, ma come spesso mi capita appena mi rilasso che subito suonano al citofono.
Penso al postino, alla ditta delle pulizie delle scale o forse l'ennesimo pacco Amazon.
"Chi è?" faccio con aria seria
"Mi nonno" mi risponde una voce familiare
"Chi?" dico io tra il divertito e il confuso
"Sono Francesco, apri"
Se fosse un sogno non servirebbe che chiedessi spiegazioni, e infatti Francesco è già in casa, senza nemmeno che devo aprire la porta.
Subito l'abbraccio: "Che bello Fra, mi sei venuto a trovare, quanto tempo resti?"
"Poco purtroppo, il tempo di un'ultima partita"
Lo faccio accomodare, chiedo se vuole un caffè, ma si accontenta di un bicchiere d'acqua fresca. La mia colazione può aspettare e mi perdoneranno in Eustema, il lavoro anche.
Vado di corsa nello studio dove tengo una bellissima othelliera pesante. L'ho comprata da poco e non gliela avevo mai fatta vedere.
"Bella" mi fa mentre pesa le pedine di pietra e delicatamente tocca i bordi di legno "dove l'hai presa?"
"L’ho comprata usata su Vinted" rispondo felice che gli piaccia "me l'ha consigliata Rino"
"Bella veramente" conferma mentre sistema le quattro pedine al centro.
"Sei già passato da Chiara e Flavio?" gli chiedo prima di iniziare.
"Alessandro non ho bisogno di passare, sono sempre lì" mi risponde con un sorriso.
Francesco è una di quelle persone che i nomi li scandisce tutti per intero. Non come me che sono impulsivo e vado sempre di corsa e quando parlo dico Alessa', France', Damia', Gabrie'. Forse dovrei imparare anche questo da lui.
Con la mano mi invita ad iniziare ed io faccio C4, lui risponde con la diagonale in C3 e dopo D3-C5 faccio il serpente in B3. Lui risponde subito in E3 (vedi figura a destra). L'ha studiata, lo so per certo, abbiamo già giocato nei tornei alcune partite su questa variante, che io chiamo Camino-Serpente.
Conosco questa apertura ancora per qualche mossa, ma dopo D6-E6-B5-D7-B6-D2 (figura a sinistra) sono fuori.
Non l’ho ripassata di recente, l’istinto dice E2, ma qualcosa mi suggerisce F3. Può darsi che F3 l’abbia giocata in qualche occasione perché l’avevo studiata? Ma non essendo sicuro decido di affidarmi all’istinto più che alla memoria. Se una cosa la fai solo perché pensi di averla studiata ma non la capisci, rischi di sbagliare. E magari sbagli anche di tanto. Vado per E2, lui ci pensa un po’. Non è un buon segno, vuol dire che non l’ho presa. Però poi fa subito C2, forse gli è tornato in mente qualcosa, io vado tranquillo sul bordo con C1 e lui risponde immediatamente A3 (figura a destra).
Ecco una delle classiche mosse di Francesco, ma quanto gli piace togliere gli accessi?
“Sai Fra’, mi manchi”
Lui alza la testa e fa un sorriso, poi risponde “shhhhhh” mettendo il dito alla bocca “ah vabbé tanto tocca a te”
“Qualche giorno dopo che sei andato via sono stato al mare da solo ed ho pianto. Un gabbiano mi si è avvicinato ed è rimasto a guardarmi per almeno un minuto. Un gabbiano Fra’ capisci? Non è il tuo nick il Gabbiano?”
“Si si è quello il nick”
“Eri te Fra’?”
“Può darsi”
“Ti ho cercato Fra’, ti cerco, e non trovo pace. Sembra come se il tempo non allevia nulla.”
Accenna un sorriso, ma questa volta il suo è malinconico.
“Sai France’, non l’ho detto a nessuno, o forse proprio a pochi. Da quando sei venuto a mancare ti ho cercato negli articoli di OthelloNews, Nero-su-Bianco, di giornale. Ho riscritto tutto il database della storia della FNGO solo per poter leggere di te, ancora una volta. Per sapere quello che non mi hai fatto in tempo a raccontare.”
“Ma proprio tutti?”
“Sì Fra’, tutti”
“Hai fatto male” risponde con la sua solita ironia. Io lo guardo spaesato e lui aggiunge: “Dovevi riportare solo i tornei dove ho vinto. Facevi meno fatica. Dai su gioca che il tempo passa.”
Scuoto la testa divertito e torno a studiare l’othelliera.
Che faccio? Spingo in A4 così se prende A5 mi apre un po’ questa zona? Non è che vedo molto altro. Forse F2, per giocare poi D1. Vabbè intanto spingo, semmai questa la faccio dopo. Gioco A4.
Francesco ci pensa un po’. Probabilmente non gli piace molto prendere sul bordo ma poi vede che può fare sia A5 che B4, perché se rispondessi io in B4 poi avrebbe due o tre tempi sulla colonna A, a partire da A6 che gli regale un 4 pieno bilanciato. Sceglie A5.
Eh sì, ora lo vedo anche io, e adesso F2 non mi sembra più neanche tanto buona, allora faccio F5, lui B4 ed io F3. D1 può aspettare, avrebbe avuto in F4 una risposta troppo facile, meglio sporcargli un po’ di mosse prima di giocarmi quel buon tempo sul bordo nord (figura a destra).
Comincia a pensare, concentrato e competitivo, come sempre. Come me d’altronde. Si soffia le dita, forse un po’ di tensione, o magari un rito. Lo fa spesso in torneo quando le cose |
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diventano complesse.
Passano un paio di minuti. Sono tanti per un’amichevole, ma ci stanno tutti per questa situazione. Alla fine gioca F4. Sono indeciso tra D1 e F2. Però se faccio D1 poi F2 me la gioca lui, oppure me la sporca con F1. Gioco F2, lui fa C6, io A6 (non posso lasciargli quel tempo di gioco sul bordo), lui prende in A7 e si sbilancia. (figura a sinistra).
Bella situazione... e mo’? B2 sembra la risposta naturale, per impedirgli di giocare A2, ma pure F6 mi sembra buona, è una mossa ideale. C’è da pensare un attimo qui. Sai perché B2 non mi convince? Perché quell’attacco al cinque si regge tutto su una sola pedina che è quella in D2. Significa che mi gioco pure il tempo in D1 che non posso più fare. E se poi Francesco mi ruba un tempo di gioco qui a destra che faccio? No no, meglio F6. Se lui fa A2 io faccio D1 e il problema di come giocare a destra è suo. Faccio F6 e la sequenza continua proprio come l’avevo immaginata: F6-A2-D1.
“Fra’, c’è una cosa che ti devo dire”
“Dimmi Alessandro”
“Ti devo dire scusa”
“E per cosa?”
“Per quel giorno, quel tuo ultimo giorno. Io sono venuto la mattina all’ospedale, ci ho portato Chiara e sono rimasto là fuori da solo tutta la mattina. Chiara faceva su e giù e quando poteva mi raccontava. Avevi paura, e noi pure, ma non te lo potevamo dire. Dovevi tornare urgentemente in sala operatoria e io ti volevo salutare, e pure tu mi volevi salutare. Lo so, me l’ha detto Chiara. Ma il tempo passava e non ti portavano. Dovevi passare proprio lì davanti a me, davanti la sala d’attesa per prendere l’ascensore. Il tempo passava Fra, era già pomeriggio, e io sapevo che dovevo andare a prendere mio figlio a scuola, perché quel maledetto giorno non c’era nessuno che poteva farlo al posto mio. Ho chiamato tutti Fra, ho chiamato tutti lo giuro, ma non poteva nessuno. E sono andato via, dieci minuti prima che passavi tu, ed io non t’ho più visto Fra, e piango pure ora che scrivo questo pezzo perché non riesco a perdonarmelo di essere andato via. Proprio non ci riesco.”
“Non ti preoccupare Alessandro, lo so che dovevi andare via, lo so.” e intanto mette in G5.
Abbasso tristemente lo sguardo sull’othelliera. Ci penso un po’ e faccio G4. Se lui mette in G6 mi incuneo in H6, ma lui fa H3. Gioco G6 e lui E7. (figura a destra)
Decido di fargli fare un 5 sul bordo est, almeno avrò qualcosa da attaccare quando giocheremo da questa parte. Giochiamo H4-H5-H6-H7 e poi faccio F7.
Giustamente lui si infila in F1 approfittando del fatto che quella colonna è tutta nera. Io spingo in E1 e lui prende B1 (figura a sinistra).
È forse giunta l’ora della Mandragata? Guardo B7 con attenzione. Non vedo un modo indolore per tagliare questa diagonale. Forse può fare G3, io G2 e forse lui G1. Cerco di leggere ancora di più in profondità. Io dovrei giocare a sud, magari in E8. Ha qualche taglio? Forse uno in G8 ma io potrei fargli una Stoner Trap. È troppo presto per contare il finale, e purtroppo non vedo sequenze migliori. Mi rilasso e gioco B7.
Francesco si soffia ancora le dita delle mani, prende una pedina e comincia a farla roteare tra un dito e l’altro, poi mi spiazza e gioca G1.
Avrà sbagliato penso io, e mi getto su G2, ma lui subito risponde F8 e io capisco che m’ha fregato (figura a destra). Mi ha tolto l’accesso a G3 e per riprendermelo la mossa più indolore è B2. La più indolore perché se lui non gioca in A1, io poi mi prendo quella diagonale giocando G7, ma se lui prende in A1 faccio G3 e recupero l’altra diagonale, evitando che mi faccia A8.
Giochiamo proprio così, B2-A1-G3.
Francesco ci pensa ancora un po’, poi gioca C8. Io rispondo C7 e lui inizia a contare il finale. Sorride ma non dice nulla, e gioca in D8. Sembra quasi più rilassato e sornione. Ora che mi ha girato la pedina in B6 ho meno remore a partire dall’angolo A8., lui risponde B8 ed io faccio E8.
Francesco conta di nuovo, poi gioca H1. Ho contato pure io purtroppo, faccio H2, bianco G8, nero H8 e lui chiude in G7, vincendo 35 a 29.
Sorrido sconsolato.
“Mi hai battuto Fra”
“E che ti aspettavi che venivo fino a casa tua per perdere? A proposito, volevo dirti grazie”
“Per cosa?”
“Per aver aiutato Chiara quando me ne sono andato. Sapevo che poteva contare su di te” lo so che se potessi me le diresti queste parole amico mio, ma io ti risponderei come segue.
“Neanche a dirlo France’, non ho fatto nulla. Niente di più di quello che tu avresti fatto per me a parti invertite”
“Adesso devo andare.”
“No Fra’ aspetta, ti ricordi quando mi hai portato in Belgio in macchina a giocare il mio primo mondiale?”
“Devo andare”
“I viaggi a Udine insieme, a Milano a Ferrara”
“Mi dispiace Alessandro devo andare”
“Un’altra partita Fra, dammi la rivincita”
“Magari un’altra volta”
L’abbraccio sapendo che è l’ultima volta che lo faccio e chiudo gli occhi. Di lui solo un soffio di vento sulle guance e un brivido lungo la schiena. Sono di nuovo solo ma le pedine sono ancora sul tavolo. Quel 29 a 35 resterà la sconfitta più bella di tutta la mia vita, e sarebbe ancora più bella se solo fosse vera.
Un’ultima partita con Francesco
C4C3D3C5B3E3D6E6B5D7B6D2E2C2C1A3A4A5F5B4
F3F4F2C6A6A7F6A2D1G5G4H3G6E7H4H5H6H7F7F1
E1B1B7G1G2F8B2A1G3C8C7D8A8B8E8H1H2G8H8G7
Autore: Alessandro Di Mattei |